Ciao Stefano, benvenuto su NeroGroviglio.

Ciao e grazie per l’invito!

Prima di tutto ti andrebbe di raccontarci un po’ chi sei nel privato, prima di essere uno scrittore?

Mi reputo una persona sensibile che ama maggiormente ascoltare gli altri, più che ascoltare se stesso. Sono oltremodo generoso ma, determinate esperienze, mi hanno esortato a non mettere mai più da parte i miei bisogni e la mia serenità interiore. Purtroppo non tutti dimostrano rispetto per ciò che siamo e per tutto ciò che ci portiamo dentro.

Qual è stata l’ispirazione che ti ha spinto a diventare scrittore?

Fin da bambino ero affascinato dal processo che determinava la creazione di una storia. Il mio primo approccio nei confronti della narrativa è avvenuto attraverso il cinema. Questo soprattutto grazie a mia madre. Subito dopo, un peso importante hanno assunto i fumetti. E poi, ovviamente, i romanzi. Da questo punto di vista devo molto alla mia maestra delle elementari. Ogni giorno, prima della lezione, insisteva perché ognuno di noi leggesse un romanzo. Ovviamente, si aspettava che optassimo per i classici. Ancora oggi, quando dichiaro di aver letto “Mobydick” in quarta elementare, mi guardano come fossi un alieno. Credo che molti lo ritengano un testo impegnativo, per un bambino. In effetti, non è come leggere “Twilight.” Eppure ricordo di averlo compreso e apprezzato molto. Forse era lo scrittore dentro di me che aveva già iniziato a mettere radici…

Quali invece sono sono state le tue influenze letterarie?

Sicuramente la narrativa e la cinematografia di genere hanno avuto un peso, nella mia formazione letteraria. Mi riferisco in particolare all’horror e alla fantascienza. Nel primo caso, un’influenza notevole ha assunto il filone del romanzo gotico, con i classici come “Dracula”, “Frankstein”, “Il monaco” e “Il castello di Otranto.” Per quanto riguarda la fantascienza, sicuramente Richard Matheson. Sia i suoi romanzi che i suoi racconti mi hanno sempre affascinato per la sua abilità nel ricercare una soluzione che non fosse mai banale, riuscendo nell’impresa di rendere straordinario l’ordinario. Negli ultimi due anni, però, ho messo un pochino da parte la fantascienza e l’horror, a favore di storie più intimiste, maggiormente attente ai sentimenti e alla quotidianeità. Un punto fermo nella mia scelta delle letture rimangono ancora i thriller e ogni tanto mi dedico alla lettura di alcuni classici che, mea culpa, non ho letto in passato.

Qual è il tuo processo creativo quando scrivi qualcosa di nuovo? 

Di solito parto da un’emozione che provo in un momento particolare. Dopodichè, mi adopero per far sì che quella medesima emozione risulti oggettivizzata. Nel senso che rifuggo dal redigere uno sfogo personale o, peggio, una sorta di autobiografia. La seconda opzione è attingere dalla realtà quotidiana. Una volta compreso ciò che voglio raccontare, lascio da parte l’aspetto più “romantico”, a favore di quello più pratico e razionale. Seguo un iter ben definito che passa attraverso una breve sinossi, un canovaccio oppure un soggetto (qualora stia scrivendo una storia per un fumetto o per un cortometraggio). Elementi che impediscono alla foga creativa di travolgermi, con il risultato che sia la storia a guidare me, anziché il contrario. È importante conoscere il percorso nel quale ti sei imbattuto e soprattutto dove ti porterà.

Ti va di parlarci dei tuoi libri?

In passato ho scritto principalmente racconti. Il mio primo romanzo si intitolava “Liberate vos ex inferis”, un horror ambientato a Roma. Il titolo fa riferimento a una battuta presente nel film “Punto di non ritorno” che adoravo quando ero adolescente. A quei tempi, avevo tentato anche io la modalità del selfpublishing. Eccetto qualche commento positivo e una recensione altrettanto positiva da parte del sito “meloleggo” ho capito che si trattava di una strada che non faceva per me.  Ad oggi, ti posso dire che i romanzi a cui sono più affezionato e che rappresentano un punto di svolta nella mia crescita letteraria degli ultimi anni, sono “Il Signore dei Piccioni”, pubblicato nel 2020 da Pubme, per la collana Segreti in Giallo Edizioni e, ovviamente, “I perdenti-la salvezza è nell’abisso” pubblicato quest’anno da Delrai Edizioni e presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino. Ne vado orgoglioso poiché mi sono approcciato a generi letterari che fino ad ora non avevo mai trattato. Da questo punto di vista “I perdenti” è un valido esempio. Credevo di non essere in grado di scrivere un libro che avesse come fulcro una storia d’amore. Perlomeno, non ero sicuro di scrivere qualcosa di valido. Ma grazie anche a mia moglie che mi ha spronato in tal senso, posso dire di aver centrato l’obiettivo. “I perdenti” sta ottenendo tante recensioni e pareri super positivi e questo mi rende felice.

Come scegli i temi e i personaggi dei tuoi scritti?

Direi che le due cose sono piuttosto legate. Come detto prima, la scelta passa attraverso l’emotività e la realtà di tutti i giorni. Credo che quest’ultima sia la mia principale fonte d’ispirazione. Che si tratti di un individuo che mi colpisce particolarmente, che sia un episodio al quale assisto di persona o che mi venga raccontato da qualcun altro, che si tratti di un articolo o un servizio giornalistico, di un talk show che illustra temi legati alla cronaca o al sociale…insomma, credo sia il pozzo migliore dal quale attingere. In un’epoca come questa poi, di materiale direi ve ne sia in abbondanza. Seguono i film, i romanzi e i fumetti.

C’è un messaggio o un tema principale che cerchi di trasmettere attraverso le tue opere? 

Dipende da ciò che scelgo di raccontare. Ne “Il signore dei piccioni”, ad esempio, il tema è la capacità di restare coerenti con se stessi e con il resto del mondo, nel momento in cui si compie un giuramento. Nel caso specifico, l’impegno ad abbandonare una strada sbagliata per una migliore. Con “I perdenti – la salvezza è nell’abisso” ho voluto sottolineare come sia importante credere nelle proprie abilità, al punto da riconoscere come il vero fallimento, non sia mancare un obiettivo bensì non avere la capacità di reinventarsi e quindi adottare nuovi metodi e magari anche un differente stile di vita, per ottenere ciò che desideriamo.

Qual è il rapporto con i tuoi lettori?

In tutta sincerità, il mio primo e vero rapporto con i lettori ha avuto inizio grazie a Delrai Edizioni. L’aver partecipato per la prima volta a un evento come il Salone del Libro, mi ha permesso di entrare subito in contatto con un buon numero di lettori, o meglio lettrici curiose e attirate dalla sinossi e dalla bellezza della copertina de “I perdenti – la salvezza è nell’abisso.” Nei mesi successivi, ho ricevuto messaggi da parte di alcune lettrici/blogger che hanno espresso il loro entusiasmo dopo la lettura del romanzo. È stato bellissimo e non vedo l’ora di incontrare nuove lettrici!

Qual è stato il momento più significativo della tua carriera di scrittore?

Credo nell’attimo in cui, dopo molto esercizio, sono riuscito ad acquisire un mio stile di scrittura e a gestire in maniera corretta la costruzione di un plot.

  Come riesci a far combaciare il tuo tempo tra la scrittura e gli altri aspetti della tua vita quotidiana? 

Dipende dai periodi. È accaduto più di una volta che determinate situazioni personali mi abbiano molto rallentato. Ma, per fortuna, riesco sempre a dedicare alla scrittura il tempo necessario.

Hai qualche rituale o abitudine particolare che segui prima di metterti a scrivere? 

 Se ho intenzione di trattare un argomento che conosco poco (o di cui non so nulla), dedico del tempo a raccogliere informazioni. Non ti so dire se ciò possa venire definito un rituale o meno. Di certo rappresenta (o dovrebbe rappresentare) la normalità per ogni autore.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri come scrittore?

Operare in più direzioni: romanzi, fumetti, sceneggiature per l’audiovisivo… che poi è quello che sto facendo adesso. Di recente, mi è stata commissionata la sceneggiatura per un cortometraggio. Ma il mio obiettivo è incrementare queste mie attività, realizzando il sogno di vivere unicamente grazie alla scrittura.

Perché i lettori dovrebbero leggere i tuoi libri?

Perché dai miei romanzi così come da ogni altra mia opera, traspare l’impegno, la serietà e la passione che mi spingono a realizzare storie di qualità, in grado sia d’intrattenere, sia di esortare alla riflessione. 

Chi è il tuo autore o autrice preferita?

Come detto prima, Richard Matheson. Ma ci sono altri autori che apprezzo. Tanto per citarne un paio, Raymond Carver e John Fante. Per quanto riguarda i thriller, credo che Donato Carrisi sia il top. Di recente, ho letto anche un romanzo e una raccolta di racconti di Eraldo Baldini. Mi piace molto la sua abilità nell’ammantare di un’atmosfera gotica le sue storie ambientate sul territorio italiano.

Qual è il tuo libro preferito?

Ce ne sarebbe più di uno… così, a freddo, ti direi “Full of life” di John Fante.

Grazie per essere stato con noi. Buona vita.

Grazie a voi!