Prima di tutto ti andrebbe di raccontarci un po’ chi sei nel privato, prima di essere una scrittrice?
L’anagrafe dice che sono una diversamente giovane, ma io ho appena iniziato a realizzare sogni accantonati che mai pensavo di poter realizzare, e quindi mi sento più giovane che mai.
Sono sposata, mamma di due figlie adulte e nonna di una nipotina di quasi 13 anni.
Laureata in sociologia, ho lavorato in Trenitalia, occupandomi prevalentemente di marketing.
Oltre alla passione per la lettura e la scrittura, mi piace viaggiare e amo molto la natura.
Amante della buona cucina, sono pure una discreta cuoca.
La passione per la lettura è iniziata da quando ho imparato a leggere, mentre quella per la scrittura è nata più tardi, fra alti e bassi.
Qual è stata l’ispirazione che ti ha spinto a diventare scrittrice?
Non mi ritengo una scrittrice, anche se mi piacerebbe esserlo. Fin dall’adolescenza ho avvertito la necessità di trasferire su un foglio il mio complesso mondo interiore, fatto di profonde riflessioni difficili da condividere con i miei coetanei. Ho cominciato così a scrivere, aggiungendo alle riflessioni psico-filosofiche, brevi poesie.
Ho ripreso a scrivere con una certa regolarità, poesie e pensieri dopo i trent’anni. Grazie a un corso di scrittura creativa ho poi scoperto la capacità narrativa e ho iniziato a scrivere racconti. Eppure ciò che ho scritto è rimasto vent’anni in un cassetto. I motivi li spiego nell’introduzione del libro: svalutazione, insicurezze, problemi importanti.
Quali invece sono state le tue influenze letterarie?
Ho letto così tanto e così di tutto che mi è difficile dire quali siano state le mie influenze letterarie. Credo di avere, nel bene e nel male un mio personale stile. Posso più parlare di autori che hanno lasciato un segno nella mia formazione e mi riferisco a Pirandello con “Uno, nessuno e centomila”, Goethe con “Affinità Elettive” e le letture di Kafka.
Qual è il tuo processo creativo quando scrivi qualcosa di nuovo?
Il mio processo creativo nasce da diversi spunti: osservazione della realtà, una frase colta, un sogno, un fatto vero, un’immagine che appare alla mia mente, a seguito di un’emozione o di una musica evocativa.
Ti va di parlarci dei tuoi libri?
Il mio primo libro “Le ragazze della terrazza” può essere definito sia un piccolo romanzo di formazione, sia un libro di racconti tenuti insieme da un prologo ed epilogo, espediente da me trovato per introdurre gli stessi, come fossero storie vere attraverso una voce narrante e dare l’idea evolutiva del personaggio che narra. Per questo mi sono permessa di definirlo anche romanzo di formazione.
Lo spunto, come pure il titolo, cosa tutt’ altro facile, me l’ha offerto la mia grande terrazza, da sempre luogo d’incontro di amici e parenti più cari e da un piccolo evento realmente avvenuto.
La protagonista e voce narrante che apre e conclude la serie di racconti da lei creati è Milena, una giovane donna che sta attraversando un brutto momento e trova proprio nella scrittura il suo strumento di guarigione.
Ne nascono così tredici racconti che narrano di eventi che le donne possono realmente attraversare nel corso della loro vita, tanto che molte lettrici vi si sono ritrovate.
Il filo conduttore è il tradimento, ma inteso nel senso più ampio del termine e quindi non riferibile solo a quello all’interno della coppia, ma anche quello verso se stessi, quello lavorativo per arrivare a quello più grave della negazione d’amore di un padre verso la propria figlia.
Quasi tutti i racconti, al di là del tema trattato, terminano con un messaggio di speranza e rinascita, come recitano un paio di versi della poesia posta all’inizio del libro “dall’oblio del dolore rinascere/ per volare nei cieli azzurri/ a dipingere sogni.
Nel libro oltre a questo messaggio, ne emergono altri due: uno esplicito che è quello di cercare aiuto anche nella scrittura, come forma di terapia ed elaborazione del dolore, e l’altro, quello di non sottovalutare né l’amicizia e né il ricorso, quando è il caso, a un aiuto specialistico.
La silloge “Non sono mai diventata grande” è invece una raccolta di pensieri sparsi, scritti in versi liberi, dagli anni 80 a inizio anno 2024. Nascono dal mio ricco mondo emozionale e da una spiccata sensibilità: saper percepire e cogliere ogni sfumatura, nel bene e nel male, nel mondo che mi circonda.
È quindi una raccolta di poesie che tratta di sentimenti, nella loro intera gamma, accompagnati per lo più da un messaggio di speranza e rinascita. Di queste, alcune sono dediche a persone care, e altre ispirate da alcuni dipinti di una mia amica.
Nate, quindi, dall’esigenza di tradurre in parole, emozioni, sensazioni e sentimenti, a guidare la mia penna, spesso, sono state le immagini reali o apparse agli occhi della mente, collegate al mio universo emozionale: dipinti, pennellati di parole, anziché di forme e colori.
Come scegli i temi e i personaggi dei tuoi scritti?
Scelgo temi che mi stanno a cuore e che per lo più trattano dinamiche relazionali e problemi psicologici. Mentre penso una storia, i personaggi mi appaiono visivamente oppure attingo qua e là anche dalla realtà
C’è un messaggio o un tema principale che cerchi di trasmettere attraverso le tue opere?
Il messaggio che vorrei trasmettere è la speranza e la rinascita e quindi un invito a coltivare la resilienza.
Qual è il rapporto con i tuoi lettori?
Finora il rapporto con i lettori, lo definirei splendido. Ho molto rispetto per chi legge, ne ho così tanto che per vent’anni mi sono chiesta se i miei scritti potessero interessare altri lettori che non fossero le mie amiche e ora sono quasi strabiliata dai feedback positivi che ricevo.
Sono comunque aperta alle osservazioni e alla critica, perché è così che si cresce.
Qual è stato il momento più significativo della tua carriera di scrittrice?
Quando mi ha risposto la Casa Editrice con la notizia che ritenevano valido il dattiloscritto e quando ho cominciato ad avere recensioni positive, cominciare dal conduttore del laboratorio di scrittura creativa che mi ha onorato con la sua positiva valutazione: quindi il feedback positivo dei lettori anche inaspettato essendo molto critica verso me stessa.
Come riesci a far combaciare il tuo tempo tra la scrittura e gli altri aspetti della tua vita quotidiana?
Come ho già specificato sono una diversamente giovane e quindi sono in pensione, devo solo conciliare il tempo per la scrittura con gli impegni familiari e la lettura e recensioni.
Trovo abbastanza complesso conciliare lettura e scrittura e spesso la prima fagocita la seconda, perché sono una persona che quando prende un impegno, cerca di portarlo a termine nel più breve tempo possibile, trascurando anche il mio interesse primario di scrivere. Dovrò trovare un modo.
Hai qualche rituale o abitudine particolare che segui prima di metterti a scrivere?
Non ho nessuna abitudine e non pratico nessun rituale, prima di mettermi a scrivere, se non pensare prima, sviluppare già nella mia mente una traccia.
Tra l’altro mio demerito, sono abbastanza disorganizzata. Insomma non sono né metodica, né costante e seguo anche più progetti contemporaneamente.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri come scrittrice?
Non mi sento una scrittrice, ma una che scrive, ben diversa cosa. I miei programmi sono quelli di perfezionarmi, e continuare a scrivere. Mi piacerebbe fare il salto dalle poesie e racconti al romanzo e fra questi mi piacerebbe pure tentare il genere giallo. Ho già fatto un corso e ne ho appena iniziato un altro. Non so se ci riuscirò, ma sperare e sognare non costa nulla.
Perché i lettori dovrebbero leggere i tuoi libri?
Ho scritto solo un piccolo romanzo e una silloge appena pubblicata.
Trovare un perché non è mai facile, perché ce ne possono essere diversi secondo i lettori.
Posso dire, però, che andrebbero letti, perché “Le ragazze della terrazza” narra di eventi verosimili che possono realmente accadere e affronta tematiche importanti e la silloge “Non sono mai diventata grande” tratta di sentimenti, sensazioni che ognuno di noi prova nel corso della vita; amore, passione, dolore, solitudine, ma anche voglia di vivere, sperare e sognare. In questo senso diventa, anche nelle espressioni di dolore, un inno alla vita in tutte le sue sfaccettature.
Leggendo i miei libri, il lettore vi si potrebbe vedere riflesso come in uno specchio. Rimarrà stupito nel ritrovare eventi vissuti direttamente o indirettamente, stati d’animo simili ai suoi, ma poi si sentirà meno diverso e solo, perché, a volte pensiamo di essere unici ad aver vissuto certi eventi, a provare certi sentimenti e sensazioni e a essere troppo sensibili.
Chi è il tuo autore preferito?
Non è facile rispondere a questa domanda per una lettrice accanita quale sono io e non posso dire di avere un unico autore/autrice preferita e vado pure a periodi.
Sicuramente fra gli italiani Carofiglio, Camilleri, Carrisi. Tra gli stranieri, Isabel Allende, e come amante dei gialli in tutte le sfumature Jo Nesbø, Angela Marsons, Bussi, tanto per fare qualche nome, includendo naturalmente la regina del giallo Agatha Christie.
Qual è il tuo libro preferito?
Anche per quanto riguarda il libro preferito è difficile rispondere, sono tanti. Potrei citare quelli che in qualche modo mi hanno formata e mi riferisco a classici come Uno, nessuno e centomila di Pirandello o Affinità Elettive, di Goethe, Il processo di Kafka, L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera. Fra i moderni “L’eleganza del Riccio” e “La Casa degli spiriti”, ma è veramente riduttivo parlare di un libro preferito.
Come non nominare anche “Piccole donne” di May Alcott e “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry.
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